martedì 26 aprile 2011

Imborghesirsi senza accorgersene

Mai come quest'anno ho urgente bisogno degli Esercizi della Fraternità. Un vecchio proverbio della nonna suonava più o meno così: a colui che è sazio è impossibile credere a colui che è a digiuno. Traslato nella vita di tutti i giorni, diventa: a colui che si è imborghesito le questioni fondamentali della vita si riducono ad un elegante, disarticolato ed inconcludente disquisire.

È facile filosofeggiare a pancia piena. Un po' meno facile quando ci si sveglia al mattino con una spina nel fianco, tale da far imprecare ancor prima di pregare. Vedi un mondo che crolla, vedi le persone che più amavi lanciarsi in colossali cazzate, vedi infaticabilmente sputare su ciò che di meglio sei riuscito a donare, e cominci a provare quella curiosa sensazione di indifferenza di fronte a tante parole “religiose” (proprio quelle che al “sazio” suggerivano invece un'espressione da pensoso gourmet).

La fede viene forgiata dalle difficoltà e dai dolori. Spazzano via le incrostazioni “borghesotte” che, come la polvere sui mobili, si accumulano senza che noi ce ne si accorga. Ma come tutte le medicine, oltre un certo dosaggio la cura diventa veleno. Persone a me care, nel corso degli anni, hanno perso la fede per dosi di dolore troppo elevate per il loro spirito. Pur riconoscendo assolutamente vera la possibilità di salvezza offerta a tutti in modo misterioso, è quantomeno drammatico vedervi concretamente sputare su.

La dose di dolori a me riservata mi ha alquanto snellito il parlare (anche sul blog). Di fronte ad un dolore, il desiderio più assoluto è che il dolore scompaia. Spesso (troppo spesso) i discorsi sul significato del dolore non lo attenuano ma addirittura lo peggiorano. Il disorientato vuole la Via, non il discorso sul camminare insieme. Il confuso vuole la Verità, non le prediche. L'addolorato vuole la Vita, non disquisizioni sul vivere.

Ciò che intendo estrarre dagli Esercizi del 29-30 aprile a Rimini non è un discorso. È piuttosto un mettere alla prova il carisma del movimento. È un verificarne l'efficacia concreta (che perciò non può consistere delle sole parole). È una pretesa, una legittima pretesa: vado a Rimini perché nella mia vita di fede è stato il movimento di CL a svegliarmi e a tenermi in piedi, ma vado lì pretendendo sale che sappia di sale, perché il sale senza sapore non mi serve ad altro che a calpestarlo.

Fino ad oggi il movimento mi è sempre stato utile strumento per la vita e la fede. Stavolta, a causa del “mondo che crolla” di cui sopra, ho bisogno di una fiammata più importante, di una cura più urgente, di una risposta più concreta di fronte alle catastrofi che mi vedo attorno.

venerdì 15 aprile 2011

Il nemico è dentro

In tempi normali la fede è una cosa seria, eccezionalmente seria. Qualcosa per uomini duri, pronti a tutto (mentre i deboli osservano con sconcerto, ammirazione, invidia). Ma questi non sono tempi normali. Questi sono tempi in cui il panorama ecclesiale è misero, è molle, è debole e spesso perfino orgoglioso di esserlo. La crisi della fede è documentata, tristemente, da quelle canzoncine parrocchiali costruite su motivetti del tipo “Cristo Gesù, ti dà di più”, cantillati come il jingle pubblicitario del minimarket rionale.

È ciò che pensavo ascoltando Enemy Within, di Malmsteen[1]. Tentando di essere maestosamente medievale (in particolare nell'incipit e alla fine), finisce (involontariamente?)[2] per essere una descrizione dei tempi moderni e della situazione della Chiesa. È buffo quando un artista vorrebbe dipingere il diavolo come simpatico, o la morte come dolce e deliziosa, o la realtà come un'infinita ed invincibile serie di mali... e finisce invece, involontariamente,[3] per fare apologia della Chiesa cattolica.

Vale la pena ascoltare attentamente il pezzo, lasciando emergere quei lampi di significato da parole apparentemente messe lì pro forma.

“Divide et impera: par sempre funzionare”. Il potere di questo mondo non è potere, ma è solo sopraffazione: sembra funzionare, ma è destinato a durar poco (è già tanto che alcune civiltà abbiano potuto superare il millennio di vita).

“Hanno tutti cominciato ad adorare la bestia”. Più precisamente, come diceva il cardinal Biffi, i non credenti non sono quelli che non credono, ma quelli che credono a tutto: sono creduloni. Adorerebbero qualsiasi cosa, perfino la bestia, pur di mostrarsi liberi di credere a quel che gli piace. Il vero Potere, infatti, non dipende dalle mani dei mortali, ma agisce nelle teste dei mortali: il vero Potere, prima che omicida, è mentitore, inganna, illude.[4]

“Dovremmo capire chi è il vero nemico (mentre i lupi sono già alla porta di casa)”. Le angherie di questo mondo, le ingiustizie di questo mondo, le malvagità di questo mondo, non sono il vero nemico. “Il nemico ce l'abbiamo dentro”. Ma siamo dotati di volontà, di capacità di scegliere, di possibilità (addirittura!) di scegliere il male pur vedendo l'evidenza del bene. La nostra volontà è perciò marcia. Il nemico ce l'abbiamo dentro, e si chiama peccato originale: inclinazione al male, che inquina la capacità di fare il bene. E le tentazioni, ciò che ci “ipnotizza” e ci suggerisce l'errore,[5] vengono da “quelle perfide menti”, quelle intelligenze compiute ma ribelli, ossia il demonio. Se “il regno ha perso la sua corona”, è perché “siamo stati ingannati”: il mondo scristianizzato insegue ogni immagine, ogni inganno, non sa più cos'è la morale, non sa più appassionarsi alla vera giustizia.[6]

“Questa battaglia non può essere persa”. È irragionevole arrendersi solo perché ci si ritrova deboli: il peccato originale non è l'ultima parola. L'ultima parola è la possibilità della redenzione: varrebbe la pena combattere “il nemico dentro” anche se quella possibilità fosse solo teorica, perché tra due teorie (la debolezza e la redenzione) è da autolesionisti buttarsi su quella che promette il peggio. Specialmente di fronte all'evidenza di altri che lo hanno fatto, e fino a quali strabilianti risultati: i santi.

“Il nemico è dentro”. Fuori siamo circondati da lupi, ma possiamo scamparla solo combattendo il nemico “dentro”, cioè l'inclinazione al male. Non è una cosa per coloro che sono orgogliosi della propria debolezza. Ci vogliono secco fegato, cuoia dure e dura fronte.

La fede è una cosa per uomini forti, duri, temprati. Altro che le canzonette da minimarket.


1) Dall'album Relentless (2010). Yngwie Malmsteen è definito “il Paganini dell'heavy metal”: un po' mi dispiace che la collana Spirto Gentil non ne abbia pubblicato un'antologia.

2) Tempo addietro commentavo qualche altro “involontario” esempio: Here come the tears dei Judas Priest, e Marian dei Sisters of Mercy.

3) Le parole “enemy within” si potrebbero intendere anche come “il nemico [è entrato] dentro [i nostri fortilizi]”. È tipico della musica contemporanea giocare su piccole ambiguità verbali per suggerire un qualche alone di misterioso e di seducente (ossia: ognuno capisca quel che gli pare). Il testo della canzone, però, sembra pendere verso l'interpretazione che ho presentato.

4) “A che serve guadagnare il mondo intero se poi si perde la propria anima?” è un monito preoccupante anche per chi non crede. Lasciò sbigottiti la notizia di un ultranovantenne suicida: ci chiedevamo perché a quell'età abbia voluto togliersi la vita. Ce lo chiediamo perché nel fondo del nostro cuore c'è un insopprimibile desiderio di vivere sempre. A che serve guadagnare il potere sul mondo intero, se ci deve costare quel “sempre”? In tanti muoiono mentre stanno ancora azzittendo questa semplice domanda.

5) Il termine “errore” scatena la furia dei permalosi. Perciò potremmo precisare: “preferire il bene minore al bene maggiore”.

6) Alla beffa si aggiunge il danno: di fronte alle catastrofi sociale, economica, politica, artistica... i nostri soloni non sanno parlar d'altro che di “matrimonio” gay e di “bunga bunga”.

giovedì 7 aprile 2011

Ancora sulle Missionarie di San Carlo Borromeo

«Il miracolo dei miracoli, più di tutti i miracoli di Lourdes, più di tutti i miracoli di qualsiasi santuario del mondo, il miracolo dei miracoli, vale a dire il fenomeno che inesorabilmente ti obbliga a pensare a Gesù, è una bella ragazza di vent'anni che abbraccia la verginità».

(don Luigi Giussani, “Il tempo e il tempio”, BUR Rizzoli, pag. 74).

PDF: Missionarie di san Carlo Borromeo
Ultimissime: sono ora in diciotto...

venerdì 1 aprile 2011

Vocabolario kelebekkiano

Accenni. E’ un po’ come se uno storico vedesse in ciò che noi chiamiamo normalmente la Prima guerra mondiale una nota a piè di pagina in un testo sulla lotta di liberazione dei serbo-bosniaci contro l’impero austroungarico.

Bizzarria. La stranezza che negano è sempre quella degli altri: nessuno si sorprende del fatto che il comunismo, impiantato tra gli esotici bolognesi, abbia dato frutti assai bizzarri rispetto al modello russo.

Dovere. La guerra diventa talmente un dovere anche per la sinistra, che nel 2006 un partito che si chiama comunista espelle i propri deputati che non la apprezzano.

Guerra. Siamo in guerra, anche se la tecnologia moderna rende le guerre un po’ come i safari in Kenya, dove i cacciatori rischiano al massimo di slogarsi un dito a forza di tirare il grilletto.

Mormoni. Quasi due secoli fa, un signore americano si accorse che vari patriarchi biblici erano stati poligami; e così decise di fare della poligamia uno dei segni distintivi della nuova religione che stava inventando, quella dei Mormoni. Perché scelse l’esempio dei patriarchi, anziché – ad esempio – quello di Gesù, che a quanto pare non aveva né moglie né figli? E’ quantomeno legittimo sospettare che il signore in questione volesse avere molte mogli, e andò quindi in cerca dell’inattaccabile precedente teologico che ne giustificasse il comportamento.

Nuovo mondo. Poi siamo entrati nel nuovo mondo, in cui il nemico poteva avere migliaia di soldatini e fucili, ma non era in grado di abbattere un solo aereo. E quindi era a tutti gli effetti disarmato. Di fronte a un missile Tomahawk, non c’è differenza tra un militare di leva con un mitra e una vecchietta con una padella di ferro.

Rom. Per noi, che non soffriamo di political correctness, i problemi non si risolvono cambiando i nomi. In italiano, la parola Rom, che ha sostituito – correttamente – la parola zingaro, si porta ormai addosso tutta la carica negativa del termine che voleva rimpiazzare. Anzi, zingaro almeno aveva una nota di allegria e di libertà che il nuovo termine non possiede affatto; mentre, per una casuale assonanza, Rom ha contaminato anche romeno.

Shebab. Normale parola araba, che indica “giovani”, come in “folla di giovani chiede autografi a Maria De Filippi“.

Sinistra (gente di). Nella maggior parte dei casi, però, la gente di sinistra si deve affidare ai media per capire a proposito di cosa si devono indignare, e chi devono sostenere; e siccome sono volenterosi e non si tirano indietro, devono indignarsi o esaltarsi appena sentono la notizia. Ora, i media hanno imparato ormai da anni come presentare le notizie nei termini vittimologici che la sinistra capisce, con le sue categorie elementari – “le donne, i bambini, i lavoratori, i diversi” contro i “dittatori, i razzisti, i fascisti” – applicabili più o meno a caso a qualunque realtà dalla Patagonia al Laos.

Traduttori. Cito sempre i nomi di quei traduttori che sono così bravi, da farti dimenticare che esistono.