mercoledì 11 ottobre 2017

User Experience

Lo storico Barnes and Noble perde tragicamente terreno rispetto ad Amazon. Motivo: vende qualcosa di fisico anziché un'experience. Blockbuster è ridotto all'ombra di sé stesso, perché vende un prodotto anziché un'experience: Netflix vende solo il prodotto, ma col vantaggio che non devi uscir di casa. Anche il Pizza Hut, una volta superiore (anche come costi) rispetto ai vari Wendy's e McDonald, non vende più un'experience ma un prodotto, facendosi superare dalle experience dei McDonald stessi con la loro paccottiglia per bambini. Leggo poi del boom dei Dave and Busters, locali zeppi di videogiochi e di schermi che trasmettono sport, in cui si può mangiare. Cioè vendono experience, sperando di fare concorrenza ai cloni di KFC e McDonald. Siamo nell'epoca di Facebook, l'experience[1] è il piatto forte. O vendi experience più il contorno[2] oppure è una guerra al ribasso sui prodotti (come i vari KFC).

L'experience, dunque, non è "esperienza" ma sensazioni. È qualcosa in più del locale commerciale arredato con cura e gusto. È l'arte del venderti sogni, l'arte del farti pagare per sognare.

Qualche mese fa un amico, di passaggio a New Orleans, si fermò al sopracitato Dave and Busters. Mi racconta scene da terzo mondo. Tre quarti dei presenti sono ragazzetti negri, principalmente impegnati a raccattare gli avanzi delle consumazioni altrui, oppure a fingere di giocare davanti a qualche arcade finché qualcuno non li manda via. Vede uno dei ragazzetti sfilare una card da un videogioco e scappar via, lasciando la ragazzina (bianca) a piangere. "Poi dicono che uno diventa razzista", mi dice. Mi racconta poi della tipica scena al KFC coi negri (anche i niggers dalla pelle bianca) ai rubinetti gratuiti a riempirsi di bevande colorate il boccione con incontrollata avidità[3] senza capire che l'experience prevede esattamente quello, il sogno di tracannare senza limiti lodando la propria astuzia.

Non è difficile identificare chi ti fa pagare l'experience: se comincia col dirti "oggi finalmente puoi..." allora ti sta vendendo sogni.


1) Mi tornano in mente queste cose dopo aver accompagnato un'amica alla Feltrinelli a comprare... carabattole. "Esperienza", cioè ciondolare tra gli scaffali a dire "che bello, che bello". A fotografare lo scaffale dei libri "a sorpresa", impacchettati con lo spago, come se il solo fatto di essere inchiostro su carta proveniente da tipografie di medio-alta tiratura implichi un sorprendente valore. E ad eseguire il liturgico acquisto di qualcosa di inutile come gesto di cortesia nei confronti di chi ti ha approntato l'experience.

2) Dall'Apple alla parafarmacia del paesetto è tutta una gara a contornare di experience i propri prodotti.

3) Come se in Italia non avesse mai visto scene del genere. Come se nessuno sapesse che quelle bevande sono miscelate al momento dall'apposita macchina da sacchetti di polverine prodotte industrialmente a costo quasi zero. Come le orwelliane macchinette fabbrica-romanzi e fabbrica-canzoni ad uso dei prolet, antesignane dell'industrializzazione dei circenses.

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